IL BRACCIO E LA MENTE


La capacità di sopportare la fatica mentale è una dote innata o si può allenare?

Mio figlio ha 17 anni e gioca a livelli discreti (3.4). È dotato di un buono talento ma è molto carente sul piano della resistenza alla fatica mentale e della capacità di reazione. Quando il match lo porta a soffrire (es nel terzo set oppure quando subisce una rimonta) il più delle volte si inabissa e si arrende. Anche in allenamento quando i carichi di lavoro sono molto faticosi spesso smette di lottare e di dare tutto ciò che ha. Di sicuro c’è anche una componente fisica, ma credo che dipenda soprattutto da un aspetto mentale, visto che questo limite viene fuori anche in ambiti extra-tennistici. Le chiedo se la capacità di sopportare lo stress mentale é innata oppure ci si può lavorare e migliorarla. Giorgio

Mi fa piacere sapere che i genitori dei giovani atleti seguano questa rubrica e mi fa altrettanto piacere sapere che questi genitori non si sentono relegati al semplice ruolo di accompagnatori dei ragazzi, ma mostrano interesse a vivere le emozioni dei loro figli, condividendo le difficoltà e l’impegno degli stessi. L’augurio è che abbiano la capacità di non invadere eccessivamente il campo dei ragazzi, ma lasciarli liberi di fare le loro esperienze, di fare i loro errori e di trovare in maniera autonoma, anche se con l’aiuto dei genitori e, prima ancora, dei tecnici, le risorse per affrontare e risolvere i problemi che stanno iniziando ad incontrare nella loro giovane vita quotidiana e sportiva.
Venendo all’argomento di questa occasione, mi permetto di individuare due tipi di interventi abbastanza indipendenti tra loro ma pur sempre connessi. Lo sviluppo della continuità nel rendimento fisico, della capacità di resistenza,  in particolare, prevede un lavoro specifico, atletico. Dal punto di vista mentale, invece, l’intervento si realizza con un percorso differenziato. La maggiore capacità mentale, in termini di propensione al sacrificio, andrà poi a incidere anche su una maggiore disponibilità, anche dal punto di vista fisico, a sottoporsi a turni di lavoro sempre più impegnativi e ad una maggiore continuità nell’impegno durante il match. Il desiderio di vincere, di non mollare, di crederci, di dare sempre qualcosa in più saranno frutto di una motivazione, di una convinzione, di una volontà maggiore, che con esercizi specifici di carattere psicologico potranno essere creati e allenati. Le stesse capacità fisiche potranno essere stimolate solo se davvero saranno posti i presupposti per sviluppare una resilienza (di cui abbiamo già parlato in passato) e una convinzione che ci porteranno ad alzare sempre, un po’ alla volta, l’asticella e a farci raggiungere traguardi sempre nuovi che ci forniranno la fiducia, l’autostima, la consapevolezza e quindi l’opportunità di non mollare, o per lo meno di non farlo finchè ci riconosciamo consapevoli di poter dare ancora qualcosa. Spesso chi molla non ha quella fiducia, quell’autostima capace di far intravvedere uno spiraglio anche quando le cose non vanno così bene come avremmo sperato.
È importante sapere che i risultati arrivano se ci si crede, se gli obiettivi sono commisurati alle nostre capacità, ma anche e soprattutto se siamo coscienti che i traguardi si raggiungono grazie al lavoro costante e ben programmato. A volte chiedo ai miei allievi se è possibile mangiare un elefante… La risposta più immediata è no! Le dimensioni dell’elefante sono tali da farci credere che sia un quasi impossibile. Ma se ci fermiamo un attimo a pensarci possiamo scoprire che un pezzo alla volta anche un elefante, così grande, può essere mangiato. L’importante è adeguare i tempi per farlo e stabilire le dimensioni dei vari bocconi… È fondamentale studiare il percorso di sviluppo del nostro obiettivo.
Il percorso dovrà darci la certezza di poter realizzare il nostro sogno e costituirà un costante stimolo per sviluppare un senso di resilienza sempre maggiore. Già in altre occasioni ho parlato della resilienza come la capacità di rendersi disponibili a sottoporsi a sacrifici e rinunce in funzione di un obiettivo, di un traguardo per noi stimolante. La capacità di acquisire resistenza al sacrificio, soprattutto dal punto di vista mentale, e quindi accettare che il lavoro ci porti a un obiettivo che abbiamo identificato, con la consapevolezza che i risultati non saranno immediati ma solo al termine di un lavoro continuo, ci permetterà di sentirci sempre più stimolati e man mano sempre più vicini al traguardo, grazie anche alla costante verifica dei lenti ma effettivi progressi. Nell’ottica del match la situazione si presenta con gli stessi tratti del percorso costante e consapevole, nel momento in cui identifichiamo la vittoria come un percorso che si realizza tramite un’attenzione ed un’attivazione costante su ogni colpo e su ogni punto. In fondo una partita non è altro che il frutto della vittoria di due set, frutto anch’essi della vittoria di 6 games, che dipendono ognuno dall’aggiudicarsi 4 punti per i quali è fondamentale la massima espressione di sè in ogni occasione…e dove ogni punto ben giocato è un passo verso il traguardo finale. L’organizzazione della strategia, del colpo, in termini tecnici e di presenza mentale, con i dovuti entusiasmi e le dovute pause per il recupero delle energie fisiche e mentali, saranno la base per questo cammino, lungo o corto che sia, ma "vissuto" in prima persona e orchestrato (non subìto) e che impareremo a vivere con la dovuta presenza, fino al termine di una partita nell’arco della quale dovremo saper gestire le energie mentali e fisiche, cercando sempre di analizzare le situazioni e verificare l’importanza di provarci fino in fondo, nella consapevolezza che anche il nostro avversario possa avvertire la nostra stessa stanchezza e magari mollare prima di noi…

Buon lavoro!

Giuseppe Giordano

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