IL BRACCIO E LA MENTE


Le tecniche di visualizzazione, cosa sono e a cosa servono

"Da qualche tempo mi sono avvicinato agli esercizi di visualizzazione prima dei match e sto iniziando a trarre beneficio. Sono per così dire un autodidatta pertanto le chiedo se può spiegarmi come funzionano e se può consigliarmi qualche esercizio specifico per migliorare il mio gioco e soprattutto sviluppare un approccio più positivo e meno ansioso al match." Golden Arm 2,7 Bologna

Ho l'abitudine, quando propongo un'attività, di esporla, spiegarne le modalità per la sua esecuzione, chiarire gli scopi per cui la propongo e, soprattutto, verificare che questa attività venga "vissuta" in termini emotivi, sensoriali. Nel caso della visualizzazione (Imagery, per dirla in termini più spettacolari, ma specialistici), mi permetto di far notare che l'attività va intesa come "Vedere se stessi", dove questo "Vedere se stessi" non deve limitarsi all'aspetto tecnico (particolare assolutamente importante), ma, vedersi, viversi in maniera più approfondita, meglio ancora, "più profonda"! Innanzitutto risulta utile verificare l'atteggiamento del nostro corpo durante l'esecuzione del movimento, durante l'attesa del colpo dell'avversario (aspetto erroneamente molto spesso sottovalutato), per poter verificare, da un lato, che i nostri gesti corrispondano a quello che la tecnica ci ha insegnato, dall'altro che questi gesti effettivamente siano quelli che abbiamo sempre immaginato di effettuare… (e, vi assicuro, in tanti non si "riconoscono", quando si rivedono nei filmati registrati…). Nella visualizzazione, però, l'aspetto che tengo particolarmente ad evidenziare è il "sentire". Il movimento che si sta effettuando, il verificare le sensazioni, legate alla gestione dell'apparato muscolare e scheletrico, che si provano, e che saranno quelle che in fase di riscaldamento e durante il match dovremo ricostruire.
Chiarito lo scopo per cui propongo la "Visualizzazione", per facilitare la realizzazione di quanto descritto, consiglio sempre di farsi riprendere (in palleggio e anche in partita) mentre giochiamo, mentre "sentiamo" i nostri colpi. Rivedendo poi queste immagini, potremo verificare se quello che sentiamo e che facciamo sia corrispondente a quello che poi dovremo ricostruire mentalmente, nel momento in cui ci visualizzeremo ad occhi chiusi. In dettaglio, si dovrà visualizzare noi stessi sia da spettatori (visualizzazione esterna) che da protagonisti (visualizzazione interna) concentrandoci sui singoli dettagli. Prima ancora di entrare in campo la visualizzazione ci consentirà di "scaldare" in anticipo i muscoli (ed è stato provato con macchinari idonei che i muscoli dell'atleta si contraggono in modo specifico, mentre l'atleta, seduto, sta effettuando in maniera visualizzata, il gesto tecnico). Ma soprattutto la visualizzazione ci consentirà di creare i presupposti per trovare la concentrazione sui nostri colpi e sulle sensazioni che ci permetteranno di ricreare l'atmosfera idonea per entrare pronti con il fisico e con la mente in campo e "in partita". Le sensazioni, le emozioni che noi riusciamo a provare durante il gesto, e ancora prima, durante la visualizzazione stessa, costituiranno per noi il riferimento utile per riproporre le solite situazioni ogni qualvolta dovremo affrontare un incontro.
La ricerca di ottimizzare il nostro rendimento avrà quindi un modello a cui riferirsi. Nel momento in cui sentiremo l'esigenza di quel "giocare al meglio" che molto spesso cerchiamo, senza sapere all'atto pratico in cosa effettivamente consiste, avremo chiaro un riferimento: le sensazioni che conosciamo, che ricercheremo durante la visualizzazione e che ricreeremo in campo. Le sensazioni che andremo ad anticipare con la visualizzazione e poi a ricreare in campo costituiranno il metro per capire quanto siamo vicini al nostro "giocare al meglio". Quanto più saremo in grado di ricreare sistematicamente queste emozioni, ogni volta che scenderemo in campo, tanto più avremo la serenità di affrontare un incontro. Sarà questa sicurezza che contribuirà anche ad allontanare la tensione pre-match che spesso ci aggredisce nel momento in cui, prima di un incontro, siamo soliti domandarci "come giocherò oggi?". L'ansia, infatti, molto spesso è frutto di aspettative, dove molto spesso le aspettative si materializzano come l'obbligo di realizzare un qualcosa di non ben definito, ma molto spesso differente e distante da quello che effettivamente possiamo realizzare. Capita, per esempio, che, la presenza a bordo campo di determinate persone o del pubblico in generale, ci metta ansia per il fatto che supponiamo che queste persone si attendano da noi chissà cosa. Lo dico sempre ai miei allievi e lo ribadisco: le persone che sono a bordo campo ad assistere al nostro incontro, nel 99% dei casi, si attendono di vedere cosa siamo capaci di fare, niente di più. Per questo motivo, non ho altro da fare che essere me stesso, mettere in campo quello che sono capace di fare. In questa prospettiva il riferimento del mio gioco, costituito da quel che ho visualizzato, in termini di gesto tecnico e di sensazioni previssute o, se vogliamo, pregustate prima di entrare in campo, costituirà un obiettivo a cui ambire aldilà di altri fattori che potranno costituire una distrazione. La mia preoccupazione, o meglio, il mio obiettivo dovrà essere mettere in campo il mio gioco, adeguandolo certamente alle esigenze tattiche specifiche funzionali al confronto con l'avversario di turno. Tornando all'esempio del pubblico, se poi quell'1% di persone che si aspettava quel qualcosa che io non ho saputo realizzare, è rimasto deluso… beh, sarà libero di andare ad assistere ad un altro incontro… La mia tranquillità nell'aver svolto il mio lavoro è tale da potermi permettere di non preoccuparmi di aver suscitato la loro delusione.

Buon lavoro a tutti


Giuseppe Giordano

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