IL BRACCIO E LA MENTE


Essere "perdenti" non è una condanna! L'attitudine a vincere si può allenare come qualsiasi altro aspetto…

A qualsiasi livello, dai professionisti ai Quarta Categoria, sono facilmente riconoscibili i giocatori vincenti. Coloro che magari in allenamento non si esprimono al meglio, ma vanno in partita e si trasformano, fanno le cose giuste al momento giusto, colgono le occasioni che il match propone, si insinuano nei punti deboli degli avversari. A mio parere essere vincenti è una dote che pochi hanno..perché la maggioranza dei giocatori fanno il contrario, magari in allenamento fanno furore e in partita rendono molto meno. Secondo lei, essere vincenti è una dote innata che la si ha o non la si ha…oppure si puo costruire? Alberto da Prato

Tutti oramai sanno come la penso… In allenamento ci "concediamo" più libertà di quanto facciamo durante un incontro. In allenamento proviamo quel che poi riterremo giusto utilizzare in partita. È quindi normale giocare con maggiore scioltezza quando non c'è posta in palio! In allenamento non abbiamo lo stress e la tensione, che in partita intervengono, quando la palla che stiamo andando a colpire acquista, "pesa" in virtù del significato che acquisisce in relazione alla vittoria o alla perdita del punto.
La trasformazione dell'individuo in partita, rispetto all'allenamento, dipende dalla sua capacità di gestire queste tensioni e di allenarsi per acquisirla.In poche parole: è vero, c'è chi è predisposto a vivere la situazione dell'allenamento come una gara, interpretandola come un confronto continuo con se stesso prima che con gli altri; ma è anche vero che ci si può allenarsi a vivere queste situazioni, imparando a crearsi in allenamento quella che ho il vizio di  definire "atmosfera da match". Crearsi sempre nuovi traguardi in allenamento, stabilire sempre nuovi limiti ("il tirare sempre un pò più forte" o semplicemente "l'avvicinarsi sempre più ad un bersaglio"), prevedere delle punizioni (tot piegamenti ad esempio) in caso di fallimento, può già creare l'atmosfera classica del match, può abituarci a dover fare attenzione fin da subito, a valutare l'opportunità di assumersi un rischio, imparando a rinunciare a tutta quella libertà a cui accennavo precedentemente.
È scontato che vince non chi gioca meglio ma chi meglio interpreta la situazione e meglio sceglie l'approccio all'incontro e all'avversario, abituandosi già in allenamento a saper affrontare i rischi (soddisfazione o punizione) per ogni singolo colpo e ogni punto. A proposito dell'abitudine a gestire le situazioni e della capacità di entrare nell'atmosfera da match, mi permetto di descrivere, da un punto di vista mentale, quanto accaduto in occasione della finale del torneo juniores maschile di Firenze, disputata qualche settimana fa. Avevo avuto l'occasione di vedere i due contendenti in allenamento nei giorni precedenti e la differenza tra loro due mi era apparsa notevole. Uno, il francese, attento, attivo, concentrato; l'altro, lo Svizzero, rilassato, con un occhio più rivolto al passeggio fuori dal campo… L'incontro è risultato abbastanza interessante dal punto di vista tecnico-tattico, ma molto significativo soprattutto dal punto di vista mentale. Di fronte c'erano due ragazzi fisicamente ben strutturati: il francese molto concreto nei colpi, nulla di particolarmente strepitoso, ma essenziale, tra l'altro mancino e dotato di un rovescio più sicuro del diritto; Lo Svizzero, invece, ineccepibile in tutti i colpi, sia da fondo che a rete. Nel primo set si assiste ad un incontro tra "due palleggiatori" che tirano i loro colpi mezzo metro dietro la riga di fondo campo,senza grosso costrutto, senza grossi schemi. Punteggio schiacciante (6-0) per lo svizzero. Messa sul piano della tecnica pura ha prevalso il braccio. Nel secondo set, mentre alcuni spettatori vanno via quasi delusi dall'assenza di frizzantezza, il Francese, inferiore dal punto di vista tecnico, decide di fare un passo in avanti e cercare con un pò di verve la palla, prendendo l'iniziativa e dando maggiore profondità ai colpi. Lo svizzero inizia a subire quei 20-30 centimetri di profondità in più e non riesce più a giocare in maniera lineare come fatto fino ad allora. Quel che risulta importante per me puntualizzare è che, dal punto di vista mentale, il desiderio di esprimere qualcosa di diverso da parte del francese gli ha concesso una maggiore attivazione, una maggiore attenzione a creare qualcosa. Lo svizzero, invece, ha avuto un'unica reazione: ha iniziato a dialogare anche in maniera violenta con il proprio coach (suo padre) colpevole di chissà quale errore. A questo punto la partita ha iniziato a cambiare. Da apprezzare anche alcuni tentativi di attacco a rete da parte del francese, poco dotato nel gioco a volo, ma che hanno comportato per lo svizzero un cambio di inerzia, la riduzione della totale libertà di cui aveva goduto fino ad allora. La pressione mentale riversatasi sullo svizzero ha creato in lui un clima di confusione. Secondo set a favore del Francese per 6 a 0. Qualcuno degli spettatori mi fa notare, a questo punto, che fino ad allora lo svizzero ha sempre vinto gli incontri al terzo set. La differenza che noto è che lo svizzero ha vinto sempre al terzo set "in rimonta", in questo caso invece ha vinto il primo, e probabilmente troppo facilmente, senza abbozzare una benchè minima reazione nel secondo set. Terzo set. Inizia finalmente una partita equilibrata, in cui, a differenza dei primi due set, tutti e due i giocatori provano "ad esserci", a metterci il cuore e soprattutto la testa in quel che stanno facendo. Si arriva sul 4 pari, con scambi lottati ma quasi routinari… Chi fa l'incontro, chi prova qualcosa è comunque sempre e solo il francese, sicuro, umile e capace di prendersi qualche rischio molto ben calcolato. Sul 4 pari, con lo svizzero in recupero dal 2-4 (chissà perchè ha bisogno di essere sotto per svegliarsi…), il francese tenta due attacchi, di cui uno con successo e l'altro no. Vince il il terzo set il francese per 6-4! Come già accaduto ha sorpreso l'avversario, ha ragionato!,ha movimentato di nuovo il clima con quei due attacchi, facendosi semplicemente "sentire" nel momento in cui l'avversario era tornato a "giocare a tennis" pur senza grosse idee… Il francese è stato bravo a svegliare la mente nel momento in cui si è reso conto di dover affrontare in termini positivi e costruttivi l'incontro e risvegliando la mente ha attivato i piedi rendendoli reattivi e pronti a cercare la palla in maniera più concreta, più efficace. Lo Svizzero ha continuato a sonnecchiare…A questo punto la domanda che ci si pone è: In questa partita ha vinto il braccio o la mente? Sicuramente il braccio non ha vinto! Il solo braccio in campo non è stato sufficiente! Non ha vinto da sola nemmeno la mente del francese che è stato sicuramente più presente rispetto a quanto non abbia fatto lo svizzero. Hanno vinto, insieme, la mente (pronta a prendere decisioni) e il braccio (disponibile ad assumersi i rischi del momento, soprattutto in ambiti territoriali poco consoni), anche se in questo caso la percentuale di incisività sul risultato è a vantaggio della mente. Se lo svizzero ci avesse messo un pò di cuore e di raziocinio, anzichè mostrare pigrizia nell'interpretare il match, avrebbe avuto la meglio.., Anche in questa occasione comunque la testa e il braccio hanno mostrato la necessità di correre insieme, di collaborare. E questo, per tornare alla domanda iniziale, si può allenare, non è solo frutto di predisposizioni genetiche. L'atteggiamento dei due ragazzi durante gli allenamenti era molto significativo relativamente al diverso spirito di interpretare l'impegno. Qualcuno mi ha chiesto cosa prevedo per questi due ragazzi: È certamente molto presto per prevedere il loro futuro. Sinceramente vedo il francese già discretamente proiettato al "lavoro" del professionista. Meno lo svizzero. Certo il tennis dello svizzero è già pronto, ma l'atteggiamento giusto in campo (allenamento o partita che sia) ancora gli è sconosciuto. Di certo c'è che la strada intrapresa da loro sarà dura soprattutto perchè, come per tutti i loro coetanei, nell'immediato, le soddisfazioni non saranno tante quanto i sacrifici e le delusioni…

Giuseppe Giordano

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