Tanti sacrifici, tanti maestri, ma cosa manca per fare il vero salto di qualità?
Sono Gianluca. Ho 24 anni e gioco a tennis da quando ne avevo 10. Ho cambiato tanti maestri e giocato in diverse scuole di tennis e accademie. Non gioco male. Sono classificato 3.2. So come si gioca ma sono convinto di poter giocare meglio. È possibile che ci sia un modo di migliorare lavorando su aspetti mentali che non conosco?
Di ragazzi (e adulti) come Gianluca ce ne sono diversi… Il fatto di sentirsi non "espressi al meglio" può risultare positivo, se lo si interpreta come desiderio di migliorarsi, individuando ancora margini di crescita. Prima di rispondere alla domanda di Gianluca, però, mi permetto di fare una riflessione a carattere assolutamente personale.
Maestri, Scuole e Accademie, in Italia, ce ne sono tanti. Ogni Maestro ed ogni Scuola esprimono il proprio valore. La mia convinzione però è che nel tennis, nello sport, ma, ancor più in generale nella vita di tutti i giorni, chi ha il compito di insegnare, soprattutto ai giovani, deve saper educare, deve saper far crescere il discente o allievo che sia. Questo, secondo me, deve voler dire avere qualcosa da insegnare, credere in quello che si sa, avere voglia di trasmettere un messaggio e saperlo fare, saper convincere e non costringere, evitando di scodellare una minestra già pronta in maniera asettica, convinti che la stessa minestra vada bene per tutti e che la sua presentazione possa andar bene per tutti. In una parola sola, l'educatore dovrebbe avere passione, questa passione la dovrebbe trasmettere all'allievo e con questa passione dovrebbe alimentare la voglia dell'allievo di crescere ed impegnarsi per migliorare come atleta e come uomo! A quel punto il numero dei maestri, delle scuole e delle accademie valide forse si ridurrebbe…
Fatta questa premessa, affrontiamo la questione di Gianluca. Gli allievi molto spesso mettono in pratica gli insegnamenti del maestro e lo fanno in maniera didatticamente perfetta, ma, se fosse sufficiente questo, saremmo tutti bravissimi. L'aspetto mentale, anche nel mettere in pratica gli insegnamenti, ha un grosso peso: l'allievo quando impara un gesto tecnico non dovrebbe limitarsi a ripeterlo in maniera scolastica, ma dovrebbe appropriarsene in maniera convinta, facendo si che lo senta totalmente suo. Per fare questo sarebbe importante crearsi un immagine di se stessi mentre si realizza quel gesto, visualizzarsi, vedersi internamente (sentendo le sensazioni muscolari) ed esternamente (come fossimo spettatori del nostro gesto). Questo serve per darci un obiettivo di come pensiamo di poter essere ma serve anche come verifica di operare nella direzione giusta. Chiunque di noi quando immagina di far qualcosa tende a "sognarsi" già in quella situazione. Chi vuole dimagrire, chi vuole crearsi un fisico da culturista (per fare esempi banali e cosi distanti tra loro e dal nostro caso, ma validi per testimoniare l'universalità di quanto affermo), ha bisogno di "vedersi" già cambiato. Chi non lo fa o si immagina in un modo scarsamente obiettivo, irraggiungibile, si crea delle false e pericolose aspettative e opera poi in maniera sbagliata e pericolosa.
La consapevolezza di chi sono, cosa posso essere, cosa desidero di essere è fondamentale: crea il punto di partenza e il punto di arrivo (per poi crearsi ulteriori punti di arrivo successivi). Ma quello che voglio diventare (nel caso di Gianluca "l'esprimere il mio meglio") deve essere "provato" sensorialmente! Devo immaginarmi così, per poterlo fare. La "visualizzazione" di sè assume un ruolo importante per darci un obiettivo, che vediamo solo noi. Se poi abbiamo la possibilità di verificare quello che visualizziamo, con il conforto della video analisi di cui tanto, giustamente, si parla in questi ultimi anni, allora possiamo ritenerci fortunati. I mezzi per migliorare ci sono, ma è chiaro che anche in questo caso l'insegnamento teorico va concretizzato con l'impegno!
Giuseppe Giordano
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