IL BRACCIO E LA MENTE


Il "triangolo" psicologico giocatore/genitore/insegnante (2a parte)

Per le ultime due puntate della stagione interrompiamo la classica scaletta "domande e risposte" per approfondire in due parti un argomento un po' particolare: il rapporto a tre che si instaura tra giocatore, genitore e insegnante, un "triangolo" assai delicato soprattutto sul piano psicologico. L'appuntamento con la rubrica "Il Braccio e la Mente" riprenderà a Ottobre
Affronto nuovamente l'argomento relativo al rapporto atleta/genitore/tecnico, soffermandomi questa volta sulla figura del genitore e del suo approccio con il figlio/a.
Recentemente ho avuto la fortuna di vivere un'interessante esperienza a Perugia, in occasione di un Torneo di Macroarea, che ha visto coinvolti ragazzi e ragazze dagli 8 ai 16 anni, tutti già abbastanza predisposti a un contatto serio con il tennis.
Ne ho visti di tutti i tipi, senza grosse esagerazioni, ma hanno quasi tutti mostrato un approccio non assillante ma serenamente impegnato agli incontri che li hanno visti protagonisti. Ho visto macchine da guerra di 8 anni, che si motivano in maniera costante ma educata (qualcuno magari ha provato ad esaltarsi più del necessario); ragazzini alle prime armi, spaesati ma ben instradati da genitori competenti e sereni; altri già capaci di districarsi nelle varie situazioni durante gli incontri, ma anche capaci di fronteggiare dinamiche sociali all'interno del circolo; under 16 già professionali. Ho visto ragazzi che si emozionano, ragazzini (di 9 anni) che con un gesto del tipo "stai, stai ci penso io" rassicurano il genitore che da bordo campo si agita e dà consigli.. Bambini che, dopo un incontro combattuto, lanciano la racchetta e vanno a abbracciare il padre convinti di aver finalmente vinto l'incontro, ma ai quali viene fatto notare che ancora sono 40 pari… Eppure riprendono a giocare e vincono dopo qualche punto, senza perdersi d'animo…
E in tutto questo i genitori?

Una mamma, tesa e preoccupata, mi ha confessato, mentre appuntava ogni singolo punto giocato dalla sua bambina, "io per mia figlia farò quello che lei mi chiede e la asseconderò, perché lei vuole fare la tennista.. se poi non ci riuscirà avrà imparato che la vita è sacrificio, lotta e convinzione".
Un'altra mamma non ha fatto altro che parlare durante i colpi della figlia (di 14 anni…) dicendo "bene. Continua. Brava"! ma non a fine scambio, durante lo scambio…
Un altro genitore mi diceva: "Mia figlia gioca. Non bene ma impara a organizzarsi, a lottare, a sacrificarsi, a gestire lo stress, le amicizie e le difficoltà".
Ho ammirato una mamma, capace di non far trasparire la sua preoccupazione alla figlia che, impegnata a combattere la sua battaglia con se stessa prima che con l'avversaria (tra pianti sommessi, discreti, e difficilmente nascosti) è riuscita a vincere la sfida interna, l'incontro e il torneo!
Qualcuno ha costretto la figlia a fingersi demotivata per non affrontare l'avversaria arrivata con mezz'ora di ritardo, prendendo vinto l'incontro…
E, in tutto questo, che quadro del genitore tipo ne scaturisce?
Sia chiaro, i genitori sono impegnati e coinvolti quanto e, a volte, più dei propri figli (vivere le emozioni dall'esterno è sicuramente più difficile che in campo).
I genitori sono responsabili di alcune scelte per i propri figli, per il loro futuro e per la loro crescita.
La mia idea è che il genitore debba svolgere il difficile ruolo di "accompagnatore", ma non, come spesso si travisa, di "tassista", bensì di colui che accompagna il proprio figlio nella crescita dal punto di vista tennistico, ma soprattutto da quello umano! Il genitore dovrebbe essere colui  che controlla e verifica la crescita, la maturazione del proprio figlio, perche il tennis è palestra di vita!
È pleonastico ammettere che la vittoria è foriera di piacere e soddisfazione, ma a volte la visione in prospettiva futura è molto più remunerativa! E una sconfitta può insegnare parecchio.
E allora scegliere l'ambiente sano in cui collocare il proprio figlio per crescere e migliorare; insegnare il rispetto per gli amici, gli avversari e chi opera all'interno dell'ambiente sportivo (Istruttori, Arbitri, Custodi, ecc); educarli ad accettare il sacrificio, la sconfitta; insegnare a rispettare gli impegni e gli orari; insegnare ad organizzarsi e predisporre la propria vita in funzione del tennis, della famiglia, della scuola, ecc.. Sono questi i compiti che a mio parere un genitore dovrebbe assolvere. E tutto ciò con serenità (per lo meno apparente per non trasmettere tensione al figlio), decisione e con la dovuta pazienza per  aspettare e riconoscere il momento dell'evoluzione tecnico/tattica e umana e con la giusta delicatezza e determinazione nel promuovere l'impegno proprio e del proprio figlio.
Facile, no?

Giuseppe Giordano

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